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Raccontare un evento richiede spesso una capacità di sintesi: mi rendo conto, però, che le esperienze belle e profonde non possono essere “messe a tacere” così facilmente. Colgo, pertanto, l’occasione di ringraziare Tonico (presidente della mia diocesi) che ha permesso di dar voce a questo mio pensiero.

Tutto è cominciato un pomeriggio di Marzo quando la vice giovani, nonché mia carissima AmiCa Marina, mi propose la candidatura come delegata diocesana all’assemblea nazionale. Come tutte le mie prime esperienze, riserbo in me sempre quel pizzico di timidezza e paura che mi caratterizza. Poi, però, mi risuonano amiche le parole paterne del mio parroco Don Giosy, assistente unitario: “fidati di chi ti ha chiamato”. Non è sempre scontato e facile, almeno per me, riuscire a scorgere questa “chiamata”; cerco, tuttavia, di pregare e fare molto discernimento, meditando anche sul vangelo di Marco (Marco 1:16-20). La paura, la timidezza, la stranezza che ha caratterizzato i primi discepoli, spesso la sento mia. E’ bello, però, poter testimoniare quanto tutto questo si tramuti in grazia e bellezza scoprendo che ogni scelta, ogni percorso, ogni situazione, ogni passo viene cadenzato dall’amore di Dio e dalla presenza dello Spirito Santo nella mia vita. Così è stato anche per questa ennesima esperienza vissuta qualche giorno fa con la mia seconda famiglia che è appunto l’Azione Cattolica.

In questo tempo così difficile e particolare, ad un anno da un evento mondiale che ha sconvolto le nostre vite, l’assemblea nazionale è stata per me quel punto di partenza per ricominciare a passo lento a mettermi in discussione come laica, come credente, come giovane, a vivere un futuro “diverso” che mi attende ma che ci appartiene: “noi siamo futuro e presente”.

Il nostro caro presidente nazionale, Matteo Truffelli, ci invitava più volte a “non aver paura” riprendendo l’immagine del papa vissuta lo scorso anno in piazza San Pietro; credo, infatti, che dovremmo partire da questa bellissima scena e da questo bellissimo atteggiamento, perché solo insieme, solo con Gesù nella nostra vita possiamo diventare costruttori di un bene comune e dare testimonianza di un’AC che vogliamo essere.

I momenti vissuti in quei giorni sono stati diversi, così come diversi sono gli spunti di riflessione che ci sono stati consegnati e che mi porto dietro. Provo, quindi, a sintetizzarne alcuni passi che mi aiuteranno, indubbiamente, a poter dare testimonianza di quanto vissuto. Prima di tutto ci tengo a sottolineare le parole di apertura del presidente che ci rimembra la nostra appartenenza politica e il senso dell’inizio dei lavori nella giornata del 25 Aprile: “non possiamo mai dare per scontato ciò che è stato conquistato a un prezzo così alto”. Così come, soprattutto, il ricordo di Rosario Livantino, da giorni beato, che ci porta a diventare responsabili dell’umanità: “tutto ciò che è umano ci riguarda”, citando il capitolo 4 del documento assembleare. Tuttavia non posso non rievocare il momento, breve ma profondo e intenso, della veglia di preghiera presieduta da Mons. Gualtiero Sigismondi che ci richiama ad essere come “profeti dell’attesa”. Il profeta non è colui che vede il futuro ma, anzi, discerne gli eventi storici alla luce della volontà di Dio. Siamo chiamati, dunque, ad essere dei giardinieri, a seminare e non temere il raccolto, siamo chiamati a dare testimonianza del Risorto.

La cura, inoltre, diventa il perno di questa assemblea: più volte infatti è stata utilizzata come parola chiave fino a sinterizzare il terzo momento che ci ha visti protagonisti in un webinar di confronto riguardante il tempo che stiamo vivendo. Un ascolto attento deve diventare la vera cura per essere consapevoli dei veri bisogni delle persone.

Condivido, anche, un pensiero dell’udienza del papa, che risuona nella mia vita e che mi ha fatto riflettere: si tratta del tema della mitezza e della gratuità, strettamente connesso a mio parere alla gratitudine. “La gratuità, frutto maturo del dono di sé, vi chiede di dedicarvi alle vostre comunità locali, assumendo la responsabilità dell’annuncio; vi domanda di ascoltare i vostri territori, sentendone i bisogni, intrecciando relazioni fraterne. La storia della vostra associazione è fatta di tanti ‘santi della porta accanto’, ed è una storia che deve continuare: la santità è eredità da custodire e vocazione da accogliere”. Una seconda caratteristica del vostro agire che vorrei sottolineare è quella dell’umiltà, della mitezza. La Chiesa è grata all’associazione a cui appartenete, perché la vostra presenza spesso non fa rumore, ma è una presenza fedele, generosa, responsabile. Umiltà e mitezza sono le chiavi per vivere il servizio...” Con queste parole di Papa Francesco raccolgo tutta l’emozione vissuta nei giorni scorsi: un invito ad osservare e stare attenti a tutta la realtà che ci circonda attraverso due doni che ci contraddistinguono: l’umiltà e la mitezza. Come evidenziavamo nel gruppo con il quale ho avuto il piacere di confrontarmi, ci siamo resi conto che tali atteggiamenti sono una delle pennellate o meglio sfumature (per usare l’immagine degli artisti o degli artigiani) della misericordia che, infatti, ci appartengono.

Nella penultima giornata di lavori ho riflettuto con il mio gruppo sul capitolo 4 della bozza del documento: lo abbiamo letto, riletto e sviscerato; ciò che più mi ha colpito è lo spirito di unione che ci ha contraddistinto, uno sguardo penetrante e condiviso che ha portato anche all’approvazione di un nostro emendamento circa il discernimento continuo frutto di un dialogo costante tra laici e presbiteri. La giornata si è conclusa con un bellissimo momento di preghiera che ha fatto emergere una serie di fragilità vissute in questo tempo sospeso, soprattutto un invito da parte dell’assistente ACR, don Marco Ghiazza, a mettere da parte ogni forma di individualismo per far spazio alla solidarietà e alla condivisione. “In un giardino, la biodiversità è più bella della monocultura”. La pandemia ci ha quasi costretto alla solitudine, ma essa ruba la gioia: dovremmo perciò fidarci e affidarci di più del Risorto, soprattutto dovremmo cogliere nel mondo ogni forma di opportunità. Per usare le parole di papa Francesco nella Laudato sì: “Il mondo è un mistero gaudioso che va contemplato nella letizia e nella lode".

Con la votazione degli emendamenti, la proposta dei nuovi membri del consiglio e la votazione dell’intero documento assembleare, oggi posso dire a gran voce di essere stata ancora una volta “chiamata” a scegliere qualcosa di importante prima come giovane e aderente, poi come responsabile. Pertanto, alla fine di questa esperienza, posso certamente affermare quanto pienamente discusso dal nostro presidente Truffelli: “è proprio adesso, in questo tempo così complesso e faticoso, non in un altro, che vogliamo sognare insieme (…) è il momento di prendere lo slancio e fare un balzo in avanti(..)”. Se ho deciso di impegnarmi, se ho deciso di mettermi in gioco come giovane, allora devo essere capace di “metterci la faccia” e “sporcarmi le mani” (nonostante tutte le difficoltà), di partire dal mio territorio, dalla mia parrocchia, dalla mia diocesi e mettermi al servizio della   mia   associazione.   Per   citare   Bachelet: “L'Azione   cattolica vuole   amare   la Chiesa che partecipa al travaglio dell'umanità, farsi carico dei suoi problemi, offrire la sua esperienza come forza missionaria di comunione nella Chiesa”.

Rinnovo il mio GRAZIE a chi mi ha dato questa bellissima opportunità, ringrazio chi davvero ha lavorato silenziosamente dietro le quinte per questa XVII assemblea che, seppur “diversa”, è stata entusiasmante. Grazie ACI, Grazie Signore perché “ci chiami, con passione, a raccontare l’amore”.

 

Rosanna