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Circa due anni fa la Presidenza Nazionale dell'Azione Cattolica Italiana ha promosso l'iniziativa di servizio “Al vedere la stella”.

È un’esperienza di servizio di 10 giorni presso la casa Hogar Nino Dios a Betlemme che coinvolge ogni mese, circa 4/5 persone provenienti da ogni parte d'Italia. Spesso, i volontari non si conoscono tra loro e hanno età variabile a partire dai diciotto anni. Durante questi anni, in tanti hanno chiesto di partire, tanti sono riusciti a farlo e sono tornati in Italia con la voglia di ripartire.

E' una esperienza forte, è qualcosa di grande.

L'Hogar nasce nel 2005 con una casa fornita dal Patriarcato Latino di Gerusalemme alle suore dell'ordine del Verbo Incarnato, con lo scopo di portare pace nella Terra della Pace. Oggi, ospita circa 32 persone con abilità diverse e di età variabile dall'anno e due mesi della principessa di casa Celia ai 50 delle ospiti più grandi.

Abbiamo avuto la fortuna di partire per Betlemme lo scorso 8 gennaio (Francesco) e 4 febbraio (Loredana e Caterina) tutti della parrocchia San Nicola di Mola di Bari. I volti, gli occhi e i sorrisi, le mani dei piccoli sono per noi presenti e vivi anche qui. Ormai fanno parte della nostra storia e noi della loro; che grande fortuna! Loredana ha sentito parlare del progetto all'Assemblea Nazionale del 2017.  Subito pensò di farla... era l'occasione per andare in Terra Santa e viverla non da turista o da pellegrina, ma sentendola casa. A questo si univa la possibilità di essere utile, di amare come Lui ci ama proprio lì nella sua terra. E dopo due anni, è riuscita a far avverare questo suo piccolo sogno.

Caterina ha conosciuto il progetto da Francesco nel periodo di Natale e ha subito capito di volersi mettere in gioco. Ha mandato una email all'indirizzo di posta elettronica Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., chiedendo se ci fosse disponibilità e l'hanno inserita a febbraio con Loredana.

Francesco ha deciso di partire fidandosi della proposta fatta da un sacerdote e, senza pensarci più di tanto, ha deciso di seguire quel consiglio. Dopo circa un anno arriva il momento giusto per partire. Solo oggi, ad esperienza ormai conclusa, comprende che quel sacerdote era semplicemente uno strumento nelle mani di Dio.

Prima di partire, tante sono state le paure. Il primo step è proprio quello di imparare ad affidarsi: fino ad un mese prima sembra di sapere poco, anzi nulla. Ti danno un vademecum ed effettivamente lì c'è tutto quello che serve, ma vorresti sapere di più e fai domande, talvolta inutili. Ti affidi a degli sconosciuti che partiranno con te e che saranno i tuoi amici più cari per quei 10 giorni. Ti affidi alla Provvidenza. Pensi: come farò a farmi capire? Come mi accoglieranno i bambini? Sarò capace? Paure legittime perché per 10 giorni ci sarà qualcuno che si affiderà a te per mangiare, per essere lavato, per essere messo a letto. Ma soprattutto si affida alle tue cure, alle tue carezze, ai tuoi baci e alle tue parole dolci. Le suore ti dicono che una delle parole che bisogna imparare subito è habibi (“amore mio”) perché sarà quella che più userai.

Più vanno avanti i giorni e più si capisce che tutto lì è opera della Provvidenza. La giornata più banale che comincia con un turno in lavanderia tra le centinaia di indumenti di tutte le misure dei piccoli da stendere e stirare, può trasformarsi nello spettacolo straordinario di un coro gospel californiano che viene a cantare per i bambini o in una famiglia indiana che si mette a disposizione per insegnare i loro balli tradizionali. Nell'ordinario della gestione di una qualunque casa, si incastona lo straordinario della Provvidenza.

In tutto questo, si vive fianco a fianco con questi occhi e questi sorrisi che mai fanno pensare alla sofferenza. Questo è lo straordinario più grande e capisci perché quei bambini sono chiamati piccoli Gesù.

Le loro storie sono diverse: alcuni sono lì perché rifiutati dalla famiglia di origine per il vecchio retaggio che vuole la disabilità quale castigo divino come i tre fratellini che, fino a qualche mese fa, vivevano insieme agli animali. Mentre ci sono bambini arrivati all'Hogar perché i genitori sono consapevoli di non poter sostenere economicamente le cure di cui necessitano e che il sistema sanitario locale non copre. Tante storie per tanto bene. È un crocevia di bene, dove tutti sono certi di essere accolti, dove chi si accosta sa che lì c'è da darsi da fare.

Madre Pia, suor Gesù, suor Nives, suor Resu, suor Ronces, suor Alegre sostengono la casa con il prezioso sostegno spirituale di Abuna (Padre) Pablo; le suore sono solo in cinque e l'essere instancabili è la loro caratteristica principale. Una forza che viene dalla preghiera e dalla meditazione che ognuna di loro non si fa mai mancare durante le indaffaratissime giornate. La loro dedizione fa capire quanto importante sia fare bene quello a cui siamo chiamati. Ci si chiede: sono capace di dare il meglio di me nella mia vocazione, nel mio lavoro, nel mio essere amico, educatore, responsabile, socio di AC, uomo o donna? Sono capace di impegnarmi con serietà e responsabilità per il bene della porzione di mondo che abito?

Hogar è anche sostenuto da professionisti che ci lavorano, che assicurano ai piccoli ospiti le cure, l'istruzione adeguata. Sono insegnanti, educatori, logopedisti, medici, infermieri, fisioterapisti. Un'altra lezione imparata all'Hogar è che il bene non si improvvisa, ma il bene va fatto bene.

Tutto questo si mantiene grazie alla generosità di tanti. Può capitare di aprire la porta dell'Hogar e trovare davanti un signore che ti dice: “Ho portato dei biscotti, dove li metto?”. Oppure andare a messa nella Grotta della Natività, fare amicizia con una coppia di Italiani, spiegare cosa si sta facendo lì e invitarli alla casa. Te li vedi arrivare durante la mattinata, mentre stai facendo il caffè in pausa, accoglierli e vedere che lasciano un'offerta. Ancora: andare dal barbiere per tagliare i capelli a Camilo e Hamudà, rispondere alle domande riguardanti i bambini, il perché sei lì tu, che vieni dall'Italia (?). Al momento di pagare vederti rifiutare il denaro: “Se voi venite dall'Italia per aiutare questi bambini, perché io non posso offrirgli un taglio?” E lì, lasci agire Dio e ti affidi alla sua Provvidenza. Sei suo strumento!

Per essere strumento e fare del bene all'Hogar sappiamo esserci due strade: andare lì tramite il programma dell'AC nazionale oppure facendo una piccola donazione. D'accordo con la Presidenza Diocesana, voremmo avviare una raccolta fondi per l'Hogar. Tante sono le piccole grandi emergenze: un bimbo che deve sostenere un'operazione costosa e non coperta dal sistema sanitario palestinese; le carrozzine non più adatte ai piccoli che crescono; la normale gestione della casa e di tutti coloro che ci vivono e lavorano.

Possiamo mandare all'IBAN della diocesi quello che riusciamo a raccogliere nelle parrocchie, con la dicitura BETLEMME. Diffondiamo nei gruppi parrocchiali questo messaggio, perché possiamo farci Provvidenza per i piccoli Gesù Bambino. Appena raccimolato qualcosa di consistente, la presidenza effettuerà un bonifico per l'Hogar. Portiamo un po' di Bari-Bitonto a Betlemme perchè è casa nostra!

 

FRANCESCO TRICASE, CATERINA DE MARINIS, LOREDANA CARNEVALE